(Londra 1552-99) poeta inglese. La sua famiglia era di modestissimi mezzi; sappiamo che da ragazzo frequentò come poor boy (non abbiente) la Merchant Taylor’s Grammar School di Londra. Nel 1569 iniziò gli studi universitari a Cambridge: lì acquisì gran parte della sua profonda conoscenza della letteratura antica e moderna. In quello stesso periodo ebbe un ruolo importante nella sua formazione intellettuale l’influenza dell’amico Gabriel Harvey, uno studioso di parte puritana, dotato di vastissima cultura e di un ingegno acuto. Grazie a lui trovò impiego nel 1578 presso il potente Robert Dudley, conte di Leicester e favorito della regina Elisabetta. In quello stesso anno fece la conoscenza di Philip Sidney, nipote di Leicester, ed entrò a far parte del suo influentissimo circolo letterario e politico. S. gli fu profondamente amico, e a lui dedicò la sua prima importante opera poetica: Il calendario del pastore (The shepheard’s calendar, 1579, o 1580). Nel 1580 S., nominato segretario privato di Lord Grey, lo seguì in Irlanda e là rimase il resto della sua vita, fatta eccezione per alcuni soggiorni a Londra: nel 1590-91 e nel 1595 per pubblicare i primi canti del poema La regina delle fate (The faerie queene).Nel 1591, intanto, aveva pubblicato un libro di poesie minori intitolato Lamenti: con varie poesie brevi sulla vanità del mondo (Complaint: containing sundry small poems of the world’s vanity) che contiene, tra gli altri componimenti, Le rovine del tempo (The ruins of time), famosa elegia in cui viene pianta la morte di Sidney e quella del conte di Leicester. Nella stessa raccolta è compreso un notissimo poemetto satirico sulla vita di corte: Il racconto di Mamma Hubbard (Mother Hubbard’s tale). Nel 1594 sposò in seconde nozze Elisabeth Boyle, probabile destinataria di due tra le opere più felici di S.: la collana di sonetti intitolata Amoretti e il poemetto Epithalamion (1595). Dello stesso anno è il poemetto Colin Clout ritorna a casa (Colin Clout’s come home again); del 1596 sono i Quattro inni (Fowre hymnes), la sua opera più apertamente neoplatonica, e i libri IV, V e VI della Regina delle fate. Nello stesso periodo scrisse il Prothalamion dedicato al conte di Essex, e il Discorso sullo stato attuale dell’Irlanda, un saggio molto ben informato anche se tutt’altro che imparziale, pubblicato solo nel 1633. Nel 1598 i rivoltosi irlandesi incendiarono il castello di Kilcoman (Cork), dove S. risiedeva; nell’incendio andarono forse distrutti gli ultimi canti della Regina delle fate. S. fece ritorno a Londra e vi morì poco dopo.S. è noto soprattutto come il grande musico del verso inglese, come colui che ha perfezionato la dizione e la metrica di Chaucer (il suo maestro, a detta dello stesso Spenser), facendone un duttile strumento per il suo grande successore, J. Milton. Il Calendario del pastore segna l’avvento del «poeta nuovo», di colui che, in una stagione transitoria della letteratura inglese, si riallaccia al passato prossimo e a quello remoto della cultura nazionale ed europea (letteratura italiana e francese rinascimentale, poesia inglese del medioevo, classici greci e latini) per inserire le fila delle varie tradizioni in una trama poetica rinnovata. Tra le opere più straordinarie di S. sono poi gli Amoretti e soprattutto l’Epithalamion, poemetto di una complessità metrica nuova in Inghilterra e che unisce un raro splendore formale a una profonda sincerità di sentimenti. Senza dubbio il genio di S. trova la sua più compiuta espressione nel poema epico La regina delle fate. Si tratta di un’allegoria cavalleresca (ogni canto tratta delle avventure di uno dei dodici cavalieri di Gloriana, regina delle fate), in cui si fondono precetti morali e celebrazioni delle virtù cortigiane. Dedicato alla regina Elisabetta, il poema rappresenta le dodici virtù morali secondo Aristotele e rivela la straordinaria attitudine di S. a tradurre le situazioni astratte in forme di vivida concretezza e drammaticità.La fortuna e la fama di S., celebre già al momento della sua morte prematura, non si sono appannate nel tempo. La sottigliezza dei suoi versi e la ricchezza delle immagini gli hanno dato un posto incontestabile tra i massimi poeti inglesi. Oggi, però, alcuni aspetti dell’opera di S. sono divenuti oggetto di critica. È stato affermato che i suoi ritmi musicali sono ipnotici più che profondi; che talvolta egli sacrifica il contenuto in favore di una forma puramente esornativa e che la molteplicità di temi nella Regina delle fate fa pensare che l’autore non avesse la mano sufficientemente ferma per guidare concretamente alla sua conclusione un intreccio di così vasto disegno. Cionondimeno, sia per l’immensa influenza esercitata sul linguaggio e la versificazione, sia per il livello della sua opera poetica, S. occupa un posto chiave nella storia della letteratura inglese.